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brano
 
Apuleio
Della magia, 31
 
originale
 
[31] haec et alia quaesisse me potius quam pisces longe uerisimilius confinxisses (his etenim fortasse per famam peruulgatam fides fuisset), si tibi ulla eruditio adfuisset; enimuero piscis ad quam rem facit captus nisi ad epulas coctus? ceterum ad magian nihil quicquam uidetur mihi adiutare. dicam unde id coniectem. Pythagoram plerique Zoroastri sectatorem similiterque magiae peritum arbitrati tamen memoriae prodiderunt, cum animaduertisset proxime Metapontum in litore Italiae suae, quam subsiciuam Graeciam fecerat, a quibusdam piscatoribus euerriculum trahi, fortunam iactus eius emisse et pretio dato iussisse ilico piscis eos, qui capti tenebantur, solui retibus et reddi profundo; quos scilicet eum de manibus amissurum non fuisse[t], si quid[em] in his utile ad magian comperisset. sed enim uir egregie doctus et ueterum aemulator meminerat Homerum, poetam multiscium uel potius cunctarum rerum adprime peritum, uim omnem medicaminum non mari, sed terrae [a]scripsisse[t], cum de quadam saga ad hunc modum memorauit: [??] itemque alibi carminum similiter: [??.] cum tamen numquam apud eum marino aliquo et piscolento medicauit nec Prot[h]eus faciem nec Vlixes scrobem nec Aeolus follem nec Helena creterram nec Circe poculum nec Venus cingulum. at uos soli reperti estis ex omni memoria, qui uim [h]erbarum et radicum et surculorum et lapillorum quasi quadam colluuione naturae de summis montibus in mare transferatis et penitus piscium uentribus insuatis. igitur ut solebat ad magorum cerimonias aduocari Mercurius carminum uector et illex animi Venus et Luna noctium conscia et manium potens Triuia, uobis auctoribus posthac Neptunus cum Salacia et Portuno et omni choro Nerei ab aestibus fretorum ad aestus amorum transferentur.
 
traduzione
 
Ecco press'a poco le cose che invece dei pesci con pi? verosimiglianza e con qualche credito, sulla base di correnti dicerie, avresti potuto immaginare se tu avessi la minima erudizione. Un pesce invece a che pu? servire, quando si ? preso, se non che a mangiarlo, quando si ? cotto? Rispetto alla magia mi pare non possa per niente giovare. Ti dir? perch? penso cos?. Molti hanno ritenuto Pitagora discepolo di Zoroastro ed esperto, come lui, di magia: eppure si narra che presso Metaponto, sul litorale della sua Italia, divenuta per lui una seconda Grecia, avendo egli visto dei pescatori che traevano la rete, compr? tutta la retata e sborsato il denaro ordin? che i pesci l? dentro prigionieri fossero liberati e restituiti al fondo del mare. Egli, di certo, non se li sarebbe lasciati sfuggire di mano se ci avesse trovato una qualche utilit? in fatto di magia. Era un uomo, Pitagora, di eccezionale erudizione, che aveva a modello gli antichi e ricordava che Omero poeta multisciente, anzi di un sapere assolutamente universale, aveva attribuito ogni magico potere non al mare, ma alla terra, quando di una certa maga egli dice: essa tanti farmaci conobbe quanti ne produce l'ampia terra, e in un altro poema dice ugualmente: col? dove la terra feconda produce insieme in gran copia erbe velenose e salutari. E invece mai in Omero con alcunch? di mare o di pesci incant? Proteo la propria figura o Ulisse la sua fossa o Eolo i suoi otri o Elena la sua coppa o Circe i suoi beveraggi o Venere la sua cintura. Voi soli, da che mondo ? mondo, siete stati trovati capaci di trasferire la virt? magica delle erbe, delle radici, dei sorcoli e delle pietre, per una specie di rovesciamento della natura, dalle sommit? delle montagne nel mare e di cucirla in fondo alle interiora dei pesci. Pertanto come nelle cerimonie magiche si solevano invocare Mercurio apportatore di incantesimi e Venere ammaliatrice dei cuori e la Luna complice delle notti e Trivia regina dei Mani, per merito vostro ormai Nettuno con Salacia e Portuno e tutto il coro di Nereo trapasseranno dal fervore dei flutti al fervore delle passioni amorose.
 

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